Machismo, omofobia, razzismo. Parla la più giovane donna del governo Macron, oggi segretaria di Stato per le pari opportunità
Marlène Schiappa, 36 anni, è la più giovane donna del governo di Macron, in cui vige la parità di genere. E Schiappa si occupa appunto di parità: uno degli obiettivi più importanti del quinquennio, come annunciato dal presidente francese all’inizio del mandato. A differenza della maggioranza dei politici francesi formati all’Ena, la scuola nazionale d’amministrazione, Schiappa proviene dalla società civile: di origini corse e italiane (i suoi nonni erano di Bergamo), è cresciuta a Parigi e, dopo alcune esperienze nella comunicazione, è arrivata al successo con il blog “Mamma lavora”, un sito di riferimento per molte madri attive, diventato poi un’associazione. Schiappa è anche scrittrice di romanzi, uno dei quali tradotto in 14 lingue. Eletta nel 2013 rappresentante locale a Le Mans in una lista di sinistra, si è quindi impegnata nella campagna presidenziale di Emmanuel Macron. Nominata Segretaria di Stato nel 2017, ha resistito a diversi rimpasti di governo ed è oggi sostenuta e consigliata dalla moglie del presidente, Brigitte Macron, figura chiave, seppur discreta, del governo. L’Espresso l’ha incontrata al Café Madame di Parigi, vicino ai Giardini di Lussemburgo.
Una delle sue principali battaglie è quella sulle violenze di genere, un problema molto sentito anche in Italia. Quali sono le misure principali che avete adottato?
«Prima di tutto la sospensione dell’autorità parentale per gli uomini violenti: non puoi essere un buon padre se picchi la tua compagna. Abbiamo poi creato un sistema per le vittime di violenze coniugali che vogliono affittare un appartamento per allontanarsi dal partner manesco. E metteremo in atto l’uso del “braccialetto di allontanamento” per i coniugi violenti: quando il marito rappresenta una minaccia, la donna potrà richiedere un braccialetto che le permetterà di chiamare direttamente le autorità per essere protetta».
Per il 2020 lei vuole fare approvare anche una legge per l’emancipazione economica delle donne. Crede che l’uguaglianza per le donne derivi innanzitutto dal potere economico?
«La libertà di disporre dei propri soldi permette di fare scelte autonome. Nel caso di violenze coniugali molte donne non lasciano il marito perché non hanno sufficienti risorse finanziarie. Quando si ha un proprio conto in banca invece si può andar via sbattendo la porta. Nel caso di molestie sessuali sul lavoro, quando si ha abbastanza potere per dire alla persona che vi molesta “smettila, altrimenti andrà a finire male!”, si è in rapporto di forza. Sì, l’emancipazione economica aiuta a rendere le donne libere».
Lei ha mai subito molestie, anche verbali ?
«Quando lavoravo come hostess alla Fnac ogni giorno ricevevo dei commenti sessisti e questo continuava perché sapevano che non avrei detto nulla per paura di perdere il posto di lavoro».
Secondo lei il movimento #MeToo è stato davvero utile? Concretamente è cambiato qualcosa?
«Penso di sì. Ci sono cose che gli uomini si permettevano prima e che ora non osano più fare. Globalmente il contesto è cambiato, ma le situazioni critiche non si sono interrotte tutte di colpo. La legge è stata modificata. In Francia, per esempio, le violenze per la strada sono condannate. Da quando ho fatto passare la legge ci sono state 700 contravvenzioni, ovvero multe pagate in denaro da uomini che seguivano o importunavano donne per strada. Ma il percorso è ancora lungo: il meccanismo di dominazione degli uomini sulle donne è antico, la storia dei diritti delle donne è recente. Possiamo votare da solo due generazioni, da una generazione possiamo abortire. Mia nonna ha conosciuto l’epoca in cui non si sceglieva il proprio marito o il lavoro, non c’era la pillola e si subivano le maternità in funzione del coniuge. Questi diritti sono recenti e se ne parla regolarmente in Francia solo da pochi anni».
In questi giorni il Parlamento francese sta discutendo il progetto di legge che consentirà la procreazione assistita anche alle coppie lesbiche e alle donne single. Una proposta molto criticata dalla destra. Cosa pensa di questo dibattito?
«Sono attacchi ipocriti. Il progetto di legge permetterebbe alle donne di fare figli in buone condizioni di sicurezza e igiene con uomini che hanno fatto la scelta di donare lo sperma – e non contro la loro volontà. È come la questione dell’aborto: quando una donna vuole disporre del proprio corpo, farà qualsiasi cosa in suo potere, anche a scapito della propria salute. Bisogna semplicemente accettare che si tratta di un’evoluzione tecnico-scientifica che permette alle donne di fare figli in buone condizioni. Un’altra ipocrisia è la discriminazione rispetto alle coppie omosessuali: oggi se sei una donna sposata con un uomo hai diritto alla procreazione assistita, se sei sposata con una donna no. Diverse corti europee hanno condannato la Francia per questa discriminazione. Penso sia importante mettersi in regola con il diritto internazionale».
Lei si oppone invece alla legalizzazione della cosiddetta “maternità surrogata” o “utero in affitto”. Perché?
«Per me la maternità è un evento importante, in particolare il parto. Non riesco a immaginare di portare un figlio in grembo per nove mesi, con tutti i legami che si creano, e poi darlo a qualcun altro. Deve essere un’esperienza straziante. Personalmente, in quanto donna, fatico a immaginarlo».
Un’altra battaglia che lei condivide è la legge che interrompe le partite sportive in caso di insulti razzisti, sessisti, omofobi. Secondo l’ex calciatore francese Vikash Dhorasso, ogni volta si cercano scuse per far continuare le partite e questo è dovuto alla potenza delle lobby dei diritti sportivi. Cosa ne pensa ?
«Il nostro ministro dello Sport ha fatto bene a cambiare il regolamento, anche se la decisione ha provocato diverse proteste tra i tifosi. Non penso sia un problema finanziario o di lobby, ma di metodo; dato che il clima è teso, bisogna rivedere il metodo e instaurare un dialogo con la società. Personalmente sono una tifosa dell’Olympique Marsiglia, vado allo stadio da quando ho sei anni. So che i supporter non sono più razzisti di altre persone, ma è inammissibile assistere al lancio di banane contro i giocatori o a insulti razzisti. È vietato per strada, e così deve essere negli stadi».
Alcuni politici l’accusano di voler instaurare la “polizia del linguaggio”, di incarnare il “ministero del bene”…
«Sono una minoranza di estrema destra. Pensano che gli insulti razzisti e omofobi siano sinonimo di libertà di espressione. Trattare qualcuno da “sporco ebreo”, “sporco frocio”, “sporco nero” non è libertà di espressione, ma un delitto punibile dalla legge».
Oggi, per una donna, l’aspetto fisico riveste ancora un ruolo importante nella società ?
«Sì, basta guardare i social network. Quando un ministro pubblica un suo video, tutti i commenti si riferiscono a quello che dice; nel caso di una ministra i commenti sono rivolti al suo aspetto, tipo “ah è sexy, ah me la farei”».
A proposito, l’ex ministra italiana Maria Elena Boschi ha recentemente pubblicato una foto su Facebook in cui appare in bikini sulla spiaggia con le amiche, in risposta alle accuse di Matteo Salvini che l’aveva definita una mummia. È una reazione efficace secondo lei ?
«Quando si è attaccati in modo grottesco sui social network è difficile sapere qual è la migliore reazione. Io non mi sono mai mostrata in bikini sui social network e non lo farei, ma se lei si sente di farlo… ognuno faccia quello che vuole».
Boschi in spiaggia, Salvini in spiaggia…
«È un modo di comunicare all’italiana. Sa, io sono cresciuta vedendo anche Raiuno e ho sempre notato come le vostre presentatrici non somigliassero affatto a quelle di France2. In Italia si tende a sottolineare molto il proprio corpo. La cultura francese è latina, ma diversa».